Buongiorno cari lettori!
Inauguriamo questa settimana con l'intervista all'autrice di "Una famiglia bellissima" Antonella di Martino! Ringrazio di cuore sia la scrittrice, sia l'agenzia E.M.A con cui collaboro.
Innanzitutto la ringrazio per avermi concesso quest’intervista e
per la sua disponibilità. Adesso iniziamo con le domande!
•
Da dove le è nata l’idea di redigere un
romanzo caratterizzato da un livello introspettivo così alto?
Volevo raccontare la storia di una gabbia
mentale, e dalle gabbie mentali si evade con l’introspezione, con lo sguardo
puntato verso l’interno, con la caccia alle contraddizioni. La famiglia di Max
è un sistema totalitario in miniatura, si fonda sulla menzogna, è vietato dire
che due più due fa quattro. Lo stesso meccanismo funziona sia per la famiglia
che per la società (che è poi la famiglia della famiglia), è soltanto una
questione di dimensioni. C’è un luogo comune circolante che sento ripetere
sempre più spesso negli ultimi anni “pensare troppo fa male alla salute”. Non è
del tutto sbagliato. Alle gabbie mentali il pensiero fa male. E l’evasione è
sempre pericolosa.
No, in questo caso non ho avuto dubbi. La gabbia aveva bisogno dell’occhio di Max, acuto e ingenuo, per svelare al lettore i suoi meccanismi più contorti e inattesi.
“Lo cunto de li cunti” di Giambattista Basile
(nato secondo Benedetto Croce nel 1575 a Napoli, secondo altre fonti nel 1566 a
Giugliano - morto a Giugliano nel 1632), forse il libro di narrativa italiana
più conosciuto al mondo. Le fiabe più famose sono tratte da quest’opera
meravigliosa, e non è estranea nemmeno ai nostri noir.
VI E' PIACIUTA QUESTA INTERVISTA? COSA RISPONDERESTE VOI ALLA TERZA DOMANDA?
_Giulietta_
·
Questo libro tocca diversi aspetti dell’animo
umano, quali voleva mettere maggiormente in evidenza?
Il bisogno di ordine, molto più forte di
quanto possa sembrare. L’importanza delle superfici, delle apparenze, che si
nutre di ignoranza. Il doppio volto della paura e del perdono, che può salvare
o condannare.
·
Secondo lei, nella vita reale, dove e come si
può tentare di eliminare quella “visione perfetta” di noi che molte volte vogliamo mostrare agli
altri? Insomma secondo lei si possono dominare gli uno, nessuno, centomila di
noi stessi mostrandoci per quello che siamo veramente? E se sì, come?
Beh, si può cominciare a capire che siamo
esseri umani, non opere d’arte. Siamo entità vive, vulnerabili, complesse, è
riduttivo valutarci dalla superficie, come se fossimo statue. Questo non
significa che la bellezza non sia un dono, che sia un male voler apparire
belli: significa che è crudele e sbagliato definire un essere umano dalla
superficie ed escludere qualcuno per l’aspetto fisico, qualunque esso sia
(perché anche la bellezza può essere discriminante). Il nostro modo di essere
comprende l’imperfezione, la complessità, la varietà: dominarla è impossibile,
conviene semplicemente accettarla, insieme alla paura e al fascino che suscita.
Le molecole della vita sono asimmetriche, imperfette. La perfezione simmetrica
della sfera indica altri mondi, che possono aspettare...
·
“Come dice papà, per un buon livello di
sicurezza bisogna sembrare assolutamente normali.” Questa è una frase
purtroppo, secondo il mio parere, troppo attuale! Secondo lei i ragazzi di oggi
percepiscono più di una volta il bisogno di sentirsi “normali” e quindi, in un
certo senso, di doversi omologarsi alla massa?
Il bisogno di omologarsi è sempre stato molto
forte negli adolescenti, e a mio parere sempre lo sarà: la necessità di
ricevere conferme e riconoscimento è implicita nel processo di crescita. I
mezzi di comunicazione rendono questo bisogno più forte, ma d’altra parte
ampliano la varietà di modelli in cui riconoscersi: l’incertezza aumenta, ma
anche la possibilità di scelta, di fuga, e perfino la materia prima per
coltivare un sano e feroce senso critico.
· Il romanzo scritto in prima persona risulta molto efficace e
diretto. Ha avuto dei dubbi nella scelta della tecnica narrativa da utilizzare
per comunicare al meglio la situazione del protagonista e della sua famiglia?
No, in questo caso non ho avuto dubbi. La gabbia aveva bisogno dell’occhio di Max, acuto e ingenuo, per svelare al lettore i suoi meccanismi più contorti e inattesi.
•
Quali sono i suoi progetti futuri? C’è un nuovo romanzo in
lavorazione?
C’è un altro romanzo dello stesso genere che
sta aspettando l’ultima rilettura dell’editore. E ho in cantiere un progetto
dai colori meno truci... ma è ancora un inizio.
•
Ultima domanda di carattere personale: Se
dovesse scegliere un solo libro da salvare da un incendio, quale sarebbe?
VI E' PIACIUTA QUESTA INTERVISTA? COSA RISPONDERESTE VOI ALLA TERZA DOMANDA?
_Giulietta_
Bellissima intervista! :)
RispondiEliminaPer rispondere alla terza domanda.. per me no, è impossibile mostrarsi per come si è veramente. Perlomeno non è una cosa fattibile con tutti. Secondo me, almeno per quanto mi riguarda, c'è sempre una sorta di "spirito di autoconservazione" che ci spinge a volte a mentire - per risultare migliori, per sembrare privi di difetti o quasi, per non lasciare che qualcuno si avvicini alla parte più vulnerabile di noi, per evitare i giudizi. Sono rare le persone con le quali puoi lasciarti andare e mostrare cose che di norma sono solo tue.
Ti ringrazio per i complimenti e per il meraviglioso commento :) , penso che con le parole "spirito di conservazione" tu abbia centrato proprio il punto che spinge tante persone a sentire l'obbligo di omologarsi, anche solo in parte, alla massa.
Eliminakütahya
RispondiEliminatunceli
ardahan
düzce
siirt
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